“Come concilia i tagli alla sanità con l’esplosione dei prezzi che lo stato non sa fronteggiare?”
Venezia – “Spero che Renzi ed il Governo, prima di incontrare le Regioni domani, abbiano approfondito a dovere i contenuti dell’interessante inchiesta pubblicata oggi da un quotidiano nazionale sul caro medicine che, lo dicono gli esperti interpellati, non le Regioni, può affondare la sanità italiana”.
Lo fa notare oggi il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, che punta il mirino sui costi sempre più alti dei farmaci, “determinati – attacca Zaia – da tattiche commerciali spesso spregiudicate contro le quali le Regioni nulla possono o quasi, come dimostra la vicenda Avastin/Lucentis, se non decidere di non erogarli ai loro pazienti o di caricarsi di costi”.
“Come conciliare altri tagli, insopportabili per le Regioni virtuose come il Veneto che hanno già raschiato il fondo del barile, con i costi che lo stesso Stato lascia lievitare senza far nulla? – si chiede Zaia – è un quesito che porrò sin da stasera nell’incontro con i colleghi presidenti di Regione: mettere le Regioni nella condizione di non poter più usare queste medicine perché troppo costose significa negare agli italiani le cure migliori possibili, e questo, oltre che contro l’etica è anche contro la Costituzione. Ci sono tante cure, tra le quali le antitumorali – aggiunge Zaia – che costano migliaia di euro a dose. In Veneto le eroghiamo tutte e abbiamo i conti in attivo, in altre Regioni hanno risolto il problema decidendo di non usarle e ancora fanno passivi. Se Renzi vuole davvero attaccare gli sprechi consideri queste realtà e decida se è giusto che il Veneto debba pagare come altri o se non abbia diritto a veder riconosciuto il suo buon governo dei conti sanitari”.
“Nel primo semestre del 2014 – fa notare Zaia – in Veneto abbiamo risparmiato 28 milioni di spesa farmaceutica rispetto alle stesso periodo dell’anno precedente, ma lavorando sull’appropriatezza delle prescrizioni, non tagliando le medicine ai nostri malati. E non siamo disposti a farlo né domani né mai”.