Secondo Bittarelli neanche la posizione dell’Antitrust, cioè ‘aprire’ il settore ma concedere a ogni tassista una nuova licenza, è condivisibile perché "i margini economici della nostra attività sono molto ridotti" e "se raddoppiassimo il numero delle licenze in circolazione otterremmo un dimezzamento del numero di corse pro-capite per ogni tassista". Serve invece "una vera riforma del servizio", basata su una "maggiore fluidità di circolazione dei mezzi pubblici". In mancanza della quale – conclude il leader dei tassisti – se il Governo dovesse cedere alle pressioni e operare le liberalizzazioni ventilate – la categoria si unirebbe "a tutte le categorie ingiustamente colpite e lotterà duramente e ad oltranza".
Commercio – Un vero e proprio grido d’allarme invece, viene dai commercianti di Confesercenti. Dopo che il presidente della confederazione Marco Venturi aveva parlato di "101.163 negozi in meno", come saldo tra nuove imprese e quelle che hanno chiuso i battenti negli ultimi 6 anni, di un calo medio delle vendite dal 2006 al 2011 del 18% e di una perdita di oltre 300 mila posti di lavoro, dall’associazione arrivano anche oggi numeri preoccupanti. Per effetto delle liberalizzazioni e della crisi nei prossimi tre anni "chiuderanno 80 mila esercizi commerciali e si perderanno 240 mila posti di lavoro". L’organizzazione dei negozi medio piccoli è contraria a un’ulteriore liberalizzazione del settore perché "sarebbe un vantaggio solo per la grande distribuzione e non darebbe alcun beneficio ai cittadini".
Servizi postali – L’Antitrust vorrebbe scorporare il Banco Posta e delimitare il perimetro del servizio universale limitandolo esclusivamente a servizi ‘veramente’ essenziali. Chiede inoltre che sia ridotta la durata dell’affidamento del servizio a Poste (ora a 15 anni).