A scoraggiare il passaggio alla mobilità verde sono l’assenza di incentivi e di infrastrutture di ricarica
NordEst – Circa 800mila auto elettriche vendute nel mondo nel 2016 (+40% rispetto al 2015), contro gli appena 2.560 veicoli dell’Italia per un valore di 75 milioni di euro: solo lo 0,1% dell’intero mercato dell’auto e senza nessuna crescita rispetto al 2015.
Sono cifre che l’Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano ha stimato analizzando i dati certi e i trend di crescita della mobilità elettrica in Italia e nel mondo, producendo il primo rapporto italiano sul settore: l’E-Mobility Report.
La Cina è il più grande mercato mondiale, con 225.000 auto elettriche vendute nei primi tre trimestri del 2016 e un’impressionante crescita del 118% rispetto allo stesso periodo 2015. Ma anche per Stati Uniti (109.000 unità vendute, +33% rispetto al 2015) ed Europa (151.000 unità, +23%) i dati sono piuttosto incoraggianti.
Quasi un veicolo europeo su 4 è olandese; segue la Norvegia che rappresenta da sola circa il 18% del mercato; Francia, Regno Unito e Germania ‘pesano’ rispettivamente il 12%, il 14% e il 12%; l’Italia, invece, arriva appena all’1% del mercato europeo, una percentuale inferiore persino a quella dei Paesi del Nord (in Svezia le immatricolazioni di veicoli elettrici hanno rappresentato il 2,4% del totale, in Olanda il 9,7% e in Norvegia addirittura il 23,3%).
I modelli che si contendono il mercato mondiale sono circa 50, di 15 case automobilistiche: la Nissan Leaf è la macchina elettrica (o ‘Bev’) più venduta nel mondo seguita dalla Model S di Tesla. Interessante poi la presenza di case automobilistiche cinesi, in particolare la Byd Auto, che con i suoi modelli di punta copre quasi il 10% del mercato globale.
In Europa sono circa 20 i modelli elettrici disponibili, prodotti da 12 differenti player, ma entro dicembre 2020 entreranno nel mercato altre 4 case automobilistiche (Honda, Opel, Porsche ed Audi) raggiungendo i 54 modelli Bev. Ma cosa guida i diversi andamenti delle vendite? Soprattutto incentivi e presenza di infrastrutture di ricarica.
Partiamo dagli incentivi. In Norvegia, non a caso uno dei Paesi con il maggior numero di immatricolazioni, sono disponibili incentivi estremamente generosi, pari a circa 20.000 euro per i Bev e 13.000 per i Phev (auto ibrida elettrica plug-in). Anche i Paesi Bassi incentivano l’acquisto, soprattutto dei Phev (9.500 euro). Cina e Stati Uniti prevedono, rispettivamente, 8.500 e 9.000 euro per i Bev e 5.000 e 5.500 per i Phev. L’Italia? Circa 3.000 euro per un Bev e 2.000 per un Phev.
Sono 1,45 milioni i punti di ricarica censiti nel mondo a fine 2016, in forte crescita (+81%) rispetto agli oltre 800.000 punti del 2015. Una crescita a due velocità: le colonnine pubbliche rappresentano oggi circa il 13% del totale (190.000 unità), +72% rispetto alle 110.000 del 2015; quelle private hanno invece trainato il settore, con una crescita di oltre 600.000 punti di ricarica nel corso del 2016.
In Europa sono stati installati 70.000 punti di ricarica pubblici (37%) e circa 400.000 privati (30%), con un rapporto medio di circa 0,86 veicoli per singola colonnina. In un mercato ‘maturo’ il rapporto si dovrebbe attestare attorno a 1 veicolo per punto di ricarica. A tale valore si avvicinano non a caso Paesi come la Cina (1,05 veicolo/punto di ricarica) e la Svezia (0,99).
L’Italia, con un indice di 0,66 veicoli elettrici/punti di ricarica, resta indietro. Nel nostro Paese, infatti, si possono stimare circa 9.000 punti di ricarica, di cui 7.000-7.500 privati (circa l’80%) e 1.750 pubblici (20%), cresciuti nell’ultimo anno di 2.500 unità (+28%, contro lo stallo dal 2013 al 2015).
Analizzando i progetti di infrastruttura di ricarica in Italia e i loro committenti, emerge un interesse crescente da parte della Pa (tra 2012 e 2013 oltre il 95% dei progetti commissionato dai Comuni, solo il 5% commissionato da Gdo, centri commerciali, strutture ricettive, ecc.). Tra il 2014 e il 2016 si ridimensiona invece il ruolo della Pa locale, che ”pesa” solo per il 57% dei progetti, mentre cresce quello degli operatori di punti di interesse (Pdi), che moltiplicano quasi per 6 il loro peso (dal 5% al 27%).
Compaiono poi per la prima volta sul mercato italiano, con una quota del 16%, alcuni soggetti “dedicati”, cioè operatori privati che intendono fare della realizzazione di infrastrutture di ricarica il loro business principale. Nel 2017 compaiono i gestori di carburante tra i soggetti interessati alla infrastrutturazione elettrica.
Il rapporto analizza anche il potenziale dell’e-mobility in Italia, descrivendo due possibili scenari al 2020: quello detto ‘EV pull’, dove si ipotizza che il primo passo per l’affermazione del modello sia la vendita di auto elettriche attesa per i prossimi anni; e il cosiddetto “Pnire push”, dove si ipotizza che sia l’infrastruttura di ricarica a comandare i volumi del mercato.
Nel primo, si stima l’immatricolazione in Italia, tra gennaio 2017 e dicembre 2020, di 70.000 veicoli elettrici; una quota di mercato che parte dallo 0,3% del 2017 (aumento del 300% rispetto al 2016) e arriva a circa il 2% nel 2020, per un controvalore in auto acquistate compreso tra 1,75 e 2,45 miliardi di euro contro i circa 75 milioni registrati nel 2016; investimenti in infrastrutture di ricarica compresi tra 225 e 384 milioni di euro. L’immatricolazione di 70.000 veicoli elettrici in sostituzione di altrettanti a combustione interna ridurrebbe l’emissione di Co2 da 136.000 tonnellate annue a 63.000 (-54%).
Lo scenario “Pnire push”, stima l’installazione di 4.500-13.000 punti di ricarica pubblici normal power e a 2.000-6.000 high power con un numero di veicoli elettrici circolanti al 2020 pari a 130.000 unità (l’85% in più rispetto allo scenario precedente), investimenti in infrastrutture di ricarica al 2020 compresi tra 337 e 577 milioni di euro e un controvalore in veicoli elettrici compreso tra 3,25 e 4,55 miliardi di euro. Benefici ambientali ancora più accentuati: 130.000 veicoli elettrici in sostituzione di altrettanti veicoli a combustione interna ridurrebbero l’emissione di Co2 da 253.000 a 138.000 tonnellate l’anno.
In Europa il veicolo elettrico inizia a farsi largo nel mercato dell’auto. In Italia la situazione non è così rosea: possiamo facilmente affermare che il nostro Paese sia rimasto qualche metro indietro rispetto ai cugini europei. Le infrastrutture sono piuttosto scarse e gli incentivi all’acquisto sono pressoché inesistenti. Speriamo che la situazione migliori (qualche piccolo risultato c’è già) e che anche l’Italia abbracci il trasporto elettrico.