Sono accusati di spaccio: circa un migliaio le cessioni di cocaina compiute in otto mesi nelle valli di Fiemme, Fassa e Cembra
NordEst – I carabinieri di Trento hanno concluso una vasta operazione antidroga ai piedi delle Dolomiti, che ha visto coinvolte anche le province di Verona, Pavia e Milano.
Oltre 250 militari, con l’ausilio di unità cinofile e supportate dell’elicottero di Laives, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare, emessa su richiesta della locale Procura Distrettuale dal Gip di Trento, nei confronti di 18 persone ritenute a vario titolo responsabili di associazione a delinquere finalizzata alla vendita e al traffico di sostanze stupefacenti, nelle valli di Fiemme, Fassa e Cembra.
Sono state calcolate in circa un migliaio le cessioni di cocaina compiute in otto mesi nelle valli di Fiemme, Fassa e Cembra. Per tutti l’accusa di associazione a delinquere ai fini di spaccio. La cocaina – secondo quanto accertato dai carabinieri – veniva fornita ad alcuni spacciatori della val di Fiemme da un gruppo di presunti narcotrafficanti operanti a Rozzano (Milano).
Dalle indagini dei carabinieri è risultato che come base logistica dove poter stoccare la cocaina e confezionare le dosi era stato scelto un bar situato a Castello Molina di Fiemme, il cui gestore è stato arrestato.
Secondo l’accusa, il gestore aveva appositamente indirizzato le telecamere di sicurezza installate all’esterno del bar sui parcheggi e sulla strada antistante per poter rilevare in tempo reale l’eventuale arrivo dei corrieri.
Una vasta operazione antidroga da parte dei carabinieri di Venezia tra Italia, Spagna e Austria con 20 arresti di appartenenti ad un’organizzazione formata da italiani, moldavi, ucraini e albanesi. Contestualmente i militari dell’Arma stanno procedendo anche all’esecuzione del sequestro preventivo, ai fini della confisca per equivalente, di beni mobili e immobili, per un valore complessivo di circa un milione di euro.
L’indagine svolta tra condotta aprile 2017 e l’aprile 2018, ha consentito di acquisire concreti elementi indiziari su un gruppo criminale ben strutturato dedito all’importazione dalla Spagna di ingenti quantitativi di marijuana e hashish, per un volume complessivo stimato di circa 200 chilogrammi, poi smerciati nell’hinterland veneziano, nonché nelle province di Padova, Vicenza e Treviso, anche in prossimità di istituti scolastici, soprattutto tra i minorenni.La Corte d’Assise d’Appello di Venezia ha confermato la condanna a 30 anni di carcere nei confronti di Mihail Savciuc, il 20enne moldavo che il 19 marzo del 2017 a Vittorio Veneto (Treviso) ha ucciso, secondo l’accusa, l’ex fidanzata Irina Bacal. La vittima, sua coetanea, era al settimo mese di gravidanza ed era stata colpita con una grossa pietra e poi strangolata. In primo grado il giudice aveva condannato Savciuc anche a risarcire la madre della ragazza con una provvisionale di 200mila euro e la sorella Cristina con 80mila. La difesa aveva fatto appello chiedendo l’assoluzione dell’imputato. Il suo avvocato, Giorgio Pietramala, aveva chiesto le attenuanti generiche e l’esclusione dei motivi abbietti incontrando l’opposizione del procuratore generale Paola Cameran e dell’avvocato Andrea Piccoli che assiste la famiglia della vittima. Dopo un’ora e mezza di camera di consiglio, i giudici della Corte d’Assise d’Appello hanno confermato la pena e le provvisionali.