di Annalisa Borghese01
Per un motivo o per l’altro, con la paura facciamo i conti. Da bambini pensiamo sia una cosa che una volta cresciuti magicamente scomparirà e il pensiero magico sa essere convincente.
Poi, però, accade il contrario: siamo diventati grandi e la paura è ancora lì. Anche più di prima. Così sviluppiamo una razionalità ferrea che per quanto ci aggrappiamo non basta a darci tranquillità. Allora sviluppiamo un rigido controllo che ci richiede un sacco di energia, ma almeno forse possiamo fare finta che la paura ci lasci in pace e avere un po’ di tregua.
Ora, la prima cosa che vale la pena fare è distinguere una paura che sia sana, cioè necessaria per stare all’erta ed evitare un pericolo realmente esistente, da una percezione di allarme che ci mette il bavaglio e può diventare paura di vivere.
In questo secondo caso, molto più diffuso del primo, possiamo decidere cosa farne. Continuare a darle potere? Ignorarla sperando che passi (e intanto è il tempo che passa)? O piuttosto ricordarci che noi non siamo la nostra paura, siamo molto di più, e anche a questa nostra paura possiamo rivolgere uno sguardo amorevole che il suo potere glielo toglie. Sembra impossibile, ma non lo è.
Nel saggio “La paura della paura. Che cos’è, perché ci blocca, come possiamo trasformarla” Rossella Panigatti ne parla dal punto di vista della comunicazione energetica.
Da abbinare la lettura ad un infuso di fiori di biancospino, alleato per ridurre le tensioni quotidiane.