Secondo la difesa, il vincolo fiduciario con il datore di lavoro non poteva giudicarsi violato in quanto l’attivita’ di spaccio avveniva durante il tempo libero e mai in servizio.
I giudici di Trento hanno accolto questa tesi affermando che ‘deve applicarsi il principio generale della irrilevanza dei comportamenti tenuti dal lavoratore nella vita privata’. Il postino, che al momento dell’arresto aveva ammesso di avere spacciato per pagare il muto della casa, dovra’ quindi essere reintegrato al lavoro e avra’ diritto a tutti gli stipendi arretrati.