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Quarant’anni fa il Disastro di Seveso

Con il nome Disastro di Seveso del 10 luglio 1976 viene ricordato l’incidente dell’ICMESA di Meda, ovvero l’avaria di un reattore per la produzione del triclorofenolo, la fuoriuscita di diossina ed il conseguente inquinamento di una vasta area in bassa Brianza tra cui l’abitato di Seveso. Quel disastro, che ebbe un’eco anche a livello europeo, portò alla stesura della direttiva 82/501/CEE nota anche come direttiva Seveso

 

di Ervino Filippi Gilli

Milano – Cercando di spiegare in termini semplici questi composti, si può dire che le diossine, dal punto di vista strettamente chimico, sono una classe di composti organici eterociclici (e pertanto non una sola sostanza) la cui struttura molecolare fondamentale è formata da un anello di sei atomi, ovvero quattro atomi di carbonio e due di ossigeno secondo le formule incluse nell’immagine seguente.

Le diossine si formano durante i processi di combustione e pertanto possono venir prodotte (come sostanze secondarie) in industrie chimiche, siderurgiche, metallurgiche, industrie del vetro e della ceramica, ma anche nel fumo di sigaretta, nelle combustioni di legno e carbone, nella combustione (accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani, nei fumi delle centrali termoelettriche e degli inceneritori.

Perché le diossine si formino è necessario che la combustione produca acido cloridrico in forma gassosa (HCl) in presenza di catalizzatori (ovvero di sostanze che abbassano le soglie energetiche delle reazioni chimiche), quali il rame e il ferro. Responsabile principale della formazione di composti appartenenti alla famiglia delle diossine è il cloro “organico”, cioè cloro legato a composti organici polimerici, ad esempio il polivinilcloruro meglio noto come PVC.

Esistono studi epidemiologici basati su campioni abbastanza numerosi di popolazione, che rilevano una correlazione tra le patologie diossina-correlate e la presenza di inceneritori nelle aree soggette a indagine: al contrario non esistono studi in grado di escludere con certezza la possibilità di correlazioni. Se impianti appositamente progettati, nonostante tutti i filtri impiegati, producono sostanze tossiche, a maggior ragione l’incenerimento domestico, ovvero quella pessima abitudine di bruciare le immondizie in casa (ma anche lungo i bordi delle strade o nelle discariche più o meno abusive) è una pratica da contrastare il più possibile in quanto le diossine sono inquinanti persistenti e pericolosi.

Seveso non fu il primo (e probabilmente non sarà neanche l’ultimo) disastro ambientale che coinvolge la diossina: già durante la Guerra del Vietnam gli americani, per cercare di contrastare il trasporto di uomini e mezzi lungo il così chiamato “Sentiero di Ho Chi Min” (una via nella giungla impossibile da identificare dalle fotografie aeree) avevano usato in dosi massicce un defogliante noto come Agente Arancione che conteneva diossine e che fu la causa negli anni di decine di migliaia di nascite di bambini malformati tra la popolazione vietnamita e di disturbi alla salute che hanno riguardato circa un milione di persone. Nella stessa zona di Seveso si rileva come ancora a 40 anni di distanza dal disastro la probabilità di avere alterazioni neonatali ormonali delle madri è sei volte maggiore che nelle media italiana.

Come finì la storia di Seveso

Inizialmente la notizia fu messa a tacere e solo sette giorni dopo la fuoriuscita di diossina si venne a sapere del disastro; a quel punto la zona inquinata venne circoscritta e suddivisa in tre aree: A (dove oltre all’evacuazione degli abitanti vennero in seguito demolita anche le abitazioni e prelevato il terreno per una profondità di oltre un metro), B meno contaminata dove le case vennero semplicemente bonificate ed R o zona di rispetto – non inquinata.

Chiaramente subito dopo il fatto venne intentata una causa penale: il processo ebbe vita abbastanza breve in quanto la Givaudan, società proprietaria dello stabilimento, raggiunse un accordo con lo Stato Italiano versando 103 miliardi e 634 milioni di lire che vennero in parte utilizzati per la bonifica ed in parte versati quali indennizzi.

L’unico effetto positivo dell’accaduto fu la promulgazione della Direttiva Seveso che ha imposto agli stati europei di censire gli stabilimenti a rischio, di controllare l’urbanizzazione nei pressi degli stabilimenti, di preparare piani di emergenza in caso di incidenti e di far conoscere alla popolazione l’effettivo grado di rischio che corre.

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