Tanto spazio per la ricerca: l’Edificio 10 è stato progettato come punto di attrazione per ospitare alcune delle attrezzature di grandi dimensioni e di alto valore scientifico nel campo del neuroimaging finora dislocate in altre sedi dell’Ateneo tra Mattarello e Rovereto. Punto di forza è proprio la possibilità di combinare metodologie avanzate di neuroimaging, adattandole alle esigenze di ciascun progetto di ricerca e potenziando così ulteriormente la collaborazione tra i vari gruppi, in uno dei settori scientifici in cui l’Ateneo trentino ha guadagnato una reputazione internazionale. Al momento, l’Edificio 10 è infatti l’unica struttura in Italia dotata di attrezzature e facilities di alto livello interamente dedicata alla ricerca di base nel campo delle neuroimmagini.
La cerimonia si è aperta con il tradizionale taglio del nastro e con i saluti introduttivi delle autorità presenti. A cominciare dal rettore Flavio Deflorian: «L’inaugurazione di oggi segna l’avvio di una nuova e promettente fase di crescita per l’Università e le attività di ricerca del CIMeC. Questi spazi, moderni e sostenibili, ospiteranno presto attrezzature all’avanguardia, laboratori e personale altamente qualificato, promuovendo una ricerca d’eccellenza che stimolerà innovazione e sviluppo in tutto il territorio. Ringrazio il Comune di Rovereto per il supporto all’Università, la Provincia autonoma di Trento per il contributo finanziario al progetto, e tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questo nuovo edificio.
«Questa inaugurazione – ha commentato la sindaca Giulia Robol – è una tappa di un lungo percorso di collaborazione tra istituzioni del territorio, che negli anni ha visto investimenti importanti, non solo per l’università e per la ricerca, ma anche per l’innovazione e per lo sviluppo di Rovereto. Oggi quel percorso lo portiamo avanti nel segno della continuità, con rinnovata convinzione, sulle basi di quella vocazione manifatturiera che da sempre contraddistingue Rovereto, per spingerci oltre. E lo facciamo attraverso la ricerca, che crea innovazione, tesse reti di relazioni, stimola gli investimenti, attrae studenti e ricercatori e ci consente di continuare a essere competitivi. Tutto questo avviene oggi a Manifattura, in un contesto simbolico per la storia della città, ma anche per il suo sviluppo futuro. Come amministrazione siamo al fianco dell’Università e delle istituzioni provinciali in questo percorso, perché Rovereto continui a contribuire alla crescita dell’intero territorio trentino».
«I laboratori e le infrastrutture di ricerca – ha spiegato l’assessore provinciale allo sviluppo economico, lavoro, università, ricerca Achille Spinelli – rappresentano un elemento centrale del sistema trentino della ricerca e dell’innovazione. Il supporto di queste dotazioni rende possibile alle nostre ricercatrici e ricercatori di raggiungere risultati di eccellenza. In questi anni la Provincia, l’Università e gli Organismi di ricerca del territorio hanno dedicato molte risorse a questi importanti investimenti, che ci rendono un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale. Questi nuovi spazi al Cimec sono una novità assoluta nel panorama scientifico italiano, e accoglieranno, in un solo luogo, sia lo studio dell’attività neurale sia del comportamento umani. Non vediamo l’ora di assistere al completamento di questi laboratori, che sicuramente saranno fucina di nuove idee e motivo di orgoglio per i risultati delle attività di ricerca che qui saranno condotte».
«L’Ateneo e il personale del Centro ha lavorato molto attorno a questo progetto. Ci vorranno ancora alcuni mesi perché tutte le attrezzature e il personale di ricerca del Centro possano essere trasferiti in questa nuova sede, finalmente comune. Ma già ora si intuisce quanto, e ancora più di prima, potrà svilupparsi la collaborazione scientifica tra i vari gruppi di ricerca che si occupano di neuroimmagine. Non solo grazie alla condivisione degli spazi e alla maggiore disponibilità dei macchinari. Anche la qualità stessa della ricerca potrà trarne beneficio, perché la diversificazione degli approcci sulle stesse facilities di ricerca, unita a una forte interazione scientifica sono le leve della creatività e dell’innovazione nel nostro lavoro di ricerca» ha commentato Yuri Bozzi, direttore del Centro mente-cervello dell’Università di Trento.
L’Edificio 10
È costituito da un volume fuori terra a forma di ponte che occupa il sedime originale del capannone della macera ed è posto in continuità fisica e visiva con gli spazi della piazza e del giardino e da un grande piano interrato. La scelta di materiali come l’acciaio e il vetro per i rivestimenti richiama l’aspetto industriale. Il fabbricato si sviluppa su tre livelli per una superficie calpestabile complessiva di 3.314 metri quadrati (di cui 455 per il piano tetto dedicato agli impianti). Il piano interrato è stato destinato ai laboratori e agli uffici, punto focale delle attività di ricerca. Non è una scelta casuale, perché le facilities per la ricerca sul neuroimaging richiedono molto spazio e hanno meno bisogno di luce naturale. Devono essere il più possibile schermate rispetto ai campi magnetici. Ma per garantire un ambiente di lavoro ottimale, gli ambienti sono organizzati attorno a due grandi corti vetrate che affiancano il percorso pedonale pubblico posto a livello del giardino e che garantiscono illuminazione naturale e ricambio d’aria diretto. Sulla copertura del piano interrato è stata realizzata un’area verde aperta al pubblico.
Il piano terra è stato progettato per essere accogliente e per favorire l’interazione tra chi si occupa di ricerca. Ospita una sala conferenze, oltre a spazi comuni e di relazione e spazi tecnici. Il terzo livello – il piano tetto tecnologico – è un punto chiave dell’edificio perché è allestito con pannelli fotovoltaici che concorrono a garantire prestazioni energetiche elevate. La copertura dell’edificio richiama visivamente i ponti e le passerelle del complesso storico di Manifattura ed è stata progettata come vano tecnico sospeso, adatto a ospitare gli impianti tecnologici necessari per il funzionamento dei laboratori.
Da ‘edificio della macera’ a ‘casa della ricerca’. L’intervento sull’edificio 10 rientra nell’ambito del più vasto piano di riqualificazione del comparto “ex Manifattura Tabacchi” a Borgo Sacco nato nella seconda metà del XIX secolo come opificio per industrializzare la produzione del tabacco trentino. Fin dal suo avvio il Progetto Manifattura ha puntato a combinare la riqualificazione di un comparto industriale dall’alto valore storico-monumentale con la creazione di un centro produttivo e di ricerca capace di operare negli ambiti più avanzati della green economy, delle tecnologie sostenibili e delle neuroscienze. Un intervento che riguarda 25 edifici costruiti tra il 1850 e il 1970 su un’area di 8,5 ettari. Lo stesso obiettivo di conservazione e sviluppo è stato perseguito anche nella progettazione dell’Edificio 10.
La progettazione è partita dalle indicazioni contenute nel Masterplan di Manifattura – i progettisti Arup, Kengo Kuma, Carlo Ratti associati e Kanso – e ad occuparsene è stato un gruppo formato da professionalità interne a UniTrento ed esterne che hanno sviluppato le soluzioni definitive e coordinato l’esecuzione dei lavori. Il progetto architettonico, redatto dall’architetta Michela Favero di UniTrento e dall’ingegnere Daniele Cappelletti, ha visto il coinvolgimento di molte figure professionali specializzate nelle strutture e negli impianti altamente specialistici. Il gruppo di direzione lavori composto dall’ingegnere Alberto Campagna e dai direttori operativi e ispettori di cantiere interni all’Università di Trento (ingegnere Pietro Chiesa e geometra Fabrizio Donatoni) ha dovuto affrontare rilevanti complessità nell’esecuzione delle opere.
Il primo passo è stato la demolizione del capannone metallico costruito alla fine degli anni Settanta nell’area occupata dal precedente edificio della macera. Il capannone era dunque l’unico edificio tipologicamente e storicamente “estraneo” al complesso storico di Manifattura, quindi di scarso interesse rispetto all’alto valore storico-monumentale degli edifici circostanti. I lavori sono partiti nel settembre del 2021 e si sono ultimati nel febbraio del 2024. Da allora è iniziato l’allestimento degli arredi e l’avvio del trasferimento delle attrezzature di ricerca, operazione che è ancora in corso e che durerà ancora alcuni mesi.
I costi di costruzione ammontano a 7,2 milioni sostenuti dall’Ateneo avvalendosi di risorse della Provincia autonoma di Trento nell’ambito del Programma di edilizia universitaria. I tempi e i costi di costruzione hanno subito notevoli variazioni a causa delle difficoltà di acquisizione dei materiali e dell’aumento dei costi dovuto alle conseguenze della pandemia e della guerra Ucraina- Russia. A incidere, in particolare, le strutture in acciaio che costituiscono una parte strutturale non trascurabile dell’edificio.
Sostenibilità e comfort ambientale. In linea con l’attenzione che UniTrento pone alla sostenibilità dei propri edifici, al benessere del personale e all’uso consapevole delle risorse, anche l’Edificio 10 – come altri edifici di Ateneo, tra cui la Biblioteca centrale e quella di Mesiano – è stato progettato con soluzioni che garantiscono elevate prestazioni energetiche. Si è puntato sullo sfruttamento delle energie rinnovabili, installando un impianto fotovoltaico e solare termico. La scelta di progettare una struttura prevalentemente interrata permette inoltre di creare un isolamento garantito dal terreno circostante che contiene e riduce le dispersioni termiche e stabilizza la temperatura. Il blocco centrale è poi in grado di accumulare passivamente la radiazione solare, che penetra dalle vetrate dei due padiglioni fuori terra, e che viene convertita in calore rilasciato agli ambienti in tempi prolungati.
Nell’edificio è stato installato un sistema di riscaldamento con pompa di calore aerotermica. L’attenzione alla sostenibilità ha riguardato anche i calcestruzzi realizzati con aggregato riciclato con scarto di porfido, oltre a serramenti e pavimenti ad elevato taglio termico. Gli arredi sono stati scelti in un’ottica di rispetto dei requisiti ambientali e per l’illuminazione si sono preferite lampade Led dimmerabili attraverso sensori della luce naturale. A breve sarà installata una segnaletica interna inclusiva. Per l’irrigazione delle aree verdi è stato predisposto un impianto di recupero dell’acqua meteorica. Per quanto riguarda il comfort ambientale, si è puntato a valorizzare la luce naturale per ridurre il fabbisogno di energia elettrica e migliorare la vivibilità delle aree di lavoro favorendo il rispetto dei ritmi circadiani.
Con questo scopo sono stati progettati gli spazi a doppia altezza e le due corti vetrate all’interno dell’edificio che danno luce agli ambienti interrati. Nella scelta dei materiali si sono privilegiati quelli adatti a garantire il comfort acustico oltre a colori adatti a favorire il comfort visivo per le pavimentazioni e gli arredi. I colori sono stati abbinati poi alle varie aree di ricerca per facilitare le indicazioni agli ospiti. Sono stati inoltre progettati ampi spazi di condivisione e di relazione al di fuori degli ambienti destinati a laboratori. La progettazione illuminotecnica permette infine di garantire una corretta illuminazione degli spazi di lavoro e di valorizzare l’architettura dell’edificio e degli spazi al suo interno.