La madre fu la sua grande maestra di virtù e la nostra Clotilde, che nel frattempo era divenuta una bella ragazza, crebbe con sani e sentiti ideali. Fu proprio mentre era raccolta in adorazione nella chiesa di Imer che le apparve la Madonna Immacolata tra una moltitudine di Angeli che le fece la rivelazione che caratterizzò tutta la sua vita: era il 2 agosto del 1867, non aveva ancora compiuto i 18 anni, ma già sentiva fortemente di dover realizzare ciò che Maria, per volere di Gesù, le aveva manifestato, quello di fondare un nuovo ordine religioso che avesse come scopo fondamentale l’adorazione della Trinità e di avere come modelli di orazione e di dedizione la Madonna e gli Angeli.
Fu così che si recò a Venezia, esortata da una sua conoscente, per chiedere un consiglio spirituale a monsignor Agostini, in seguito cardinale e patriarca di Venezia; questi le consigliò di iniziare a redigere la Regola di questo nuovo ordine, così da iniziare a trarne la giusta ispirazione. Ma Clotilde, forse presa da timore per non considerarsi all’altezza del compito assegnatole dalla Vergine, tornò afflitta ad Imer senza scrivere nulla. Dopo poco si trasferì da sola a Padova, presso il sacerdote don Angelo Piacentini al quale, confidando i suoi dubbi, chiese illuminazione e meditò sulla sua eventuale vocazione. Presso questo sacerdote rimarrà per nove anni, fino al 1876. Nel 1878, Clotilde si accorse che in paese le stavano preparando, a sua insaputa, un matrimonio con un giovane del luogo e così lasciò il bellunese per fuggire nel comune tedesco di Epfendorf, nel distretto di Friburgo, dove i genitori si erano intanto trasferiti per motivi di lavoro. Rimase in Germania fino al 1885, operando come infermiera presso il locale nosocomio, gestito dalle Suore Elisabettine. Qui Clotilde si distinse molto per il suo carisma e per la sua grande abnegazione verso gli ammalati e i più bisognosi.
La permanenza in Germania fu, però segnata dalla morte di entrambi i genitori: la madre nel 1883, dopo molti anni di immobilità a letto, e il padre nel 1885. Decise allora di ritornare ad Imer dove, però, rimase solo per un paio d’anni, per lanciarsi alla ricerca della sua ispirazione e del suo progetto. Infatti, insieme alla nipote Giuditta, nel maggio del 1887, decise di intraprendere un pellegrinaggio a piedi verso Roma, facendo tappa presso vari santuari dedicati alla Madonna: in questo modo, infatti, Clotilde sperava in un ulteriore segno dal Cielo e, contemporaneamente, testava la sua forza di volontà nell’idea di fondare il nuovo istituto che non aveva mai abbandonato.
Dopo quasi tre mesi di viaggio, giunsero nella città del papa e chiesero accoglienza presso le Suore di Carità Figlie dell’Immacolata (conosciute come le Suore Immacolatine), da poco fondate ad opera di suor Maria Fabiano che era la superiora generale dell’allora nascente Istituto e che la persuase ad accettare l’abito della sua Congregazione. Presso l’ordine romano, Clotilde prese il velo e il nome di Suor Maria Annunziata dove rimase fino al 1891 gestendo l’asilo e ricoprendo anche l’incarico di madre superiora del convento nel paesino di Sgurgola, in diocesi di Anagni. Durante il suo pellegrinaggio verso Roma, ad Assisi, Clotilde aveva conosciuto il francescano padre Francesco Fusco da Trani che nel periodo in cui ella viveva a Sgurgola, le inviò una lettera in cui la convinse a lasciare l’Ordine delle Immacolatine, invitandola ad Alife, presso il vescovo Antonio Scotti che, come lei, aveva intenzione di realizzare un nuovo ordine.
Trovandosi in zona, si spostò a Caserta, presso una famiglia che le diede sostegno materiale e spirituale, fissando la propria dimora in Casolla, una frazione di Caserta, insieme ad altre due giovinette.
Fu quindi il vescovo casertano Enrico De Rossi dei principi di Castelpetroso che autorizzò la vestizione religiosa e la consacrazione delle prime cinque “Suore degli Angeli” che ebbero come prima sede, un edificio nella frazione di Briano dove, ancor oggi, vi è una Casa della Congregazione.
Insieme all’ormai quarantaduenne Clotilde Micheli e un’altra giovane, Filomena Scaringi (suor Maria Caterina). Era il 28 giugno 1891 e come padre spirituale del novello ordine fu scelto proprio padre Francesco Fusco: era finalmente nato l’ordine delle Suore degli Angeli Adoratrici della Santissima Trinità. L’anno dopo, un primo nucleo di suore fu inviato a Santa Maria Capua Vetere a gestire l’Orfanotrofio “Lucarelli” che fu anche la prima Casa dell’Istituto. Fu in questo periodo che le Suore degli Angeli iniziarono a far conoscere la loro missione tra il popolo, dedicandosi, in maniera particolare, al servizio dei più poveri, dei bambini orfani e della gioventù abbandonata.
A partire dal 1895, però, madre Serafina si ammalò gravemente e, inizialmente, non aveva intenzione di sottoporsi alle dovute cure mediche. Intanto le Suore degli Angeli iniziarono a farsi conoscere in zona con le loro opere e il loro servizio e iniziarono ad aumentare di numero, accogliendo sempre più fanciulle. E’ proprio in questo periodo che accadde un avvenimento importante della vita di Madre Serafina e che è riportato anche agli atti del processo di beatificazione. Mentre si trovava a Sommana di Caserta Vecchia per un periodo di riposo che le era stato prescritto, arrivò nel giardino del convento un giovane seminarista indemoniato che chiedeva proprio di lei; le altre suore, per non farla affaticare, gli dissero che non c’era, ma il giovane, accortosi della bugia, iniziò ad inveire contro le suore con una voce disumana, quasi come se provenisse dalla gola di una bestia. Madre Serafina, allora, gli si avvicinò e gli ordinò di tacere, poi prese ad ascoltarlo e con preghiere e croci fatte con l’acqua santa, riuscì ad effettuare l’esorcismo.
La forza demoniaca presente nel giovane urlava: «Maledetta sei tu…» e quando la suora gli chiese quanti fossero, la stessa voce infernale rispose: « Siamo sette!». Nel giugno del 1899 fu aperta la casa di Faicchio, che in seguito diventerà l’Istituto di formazione della Congregazione. Qui morì il 24 marzo del 1911, consumata dalle sofferenze fisiche e qui si trova ancora oggi la sua tomba: qualche mese prima, mentre era già gravemente ammalata, le apparve in sogno la madre che le disse che non sarebbe arrivata alla festa dell’Annunciazione. Come succede spesso per la maggior parte dei fondatori di nuovi ordini, Madre Serafina dovette soffrire molte critiche e vari contrasti che spesso provenivano dall’interno della stessa Congregazione, ma ella riuscì sempre a far comprendere a tutti il giusto verso delle cose e a fondare, solo nel nostro Sannio, ben 15 Case di Missione in cui accolse ragazze orfane con i laboratori di ricamo, taglio e cucito (le altre Case delle prime 15 fondate da
Madre Serafina ricordiamo, oltre a quella di Alife, anche quella di Limosano, nel Molise).
La causa di beatificazione di Madre Maria Serafina Micheli è stata avviata dalla Congregazione delle Suore degli Angeli e con il Nulla Osta della Santa Sede il 9 luglio del 1990: in quell’anno è uscita anche la sua prima biografia ufficiale: «La donna del Sanctus. Una vita aperta al cielo: Suor Maria Serafina del Sacro Cuore». Dal luglio 2009, infine, è stata dichiarata Venerabile, ma ancora continua l’iter verso la beatificazione, presieduto da Suor Giuseppina Romano delle Suore degli Angeli di Roma, Postulatrice della Causa di Beatificazione di Madre Serafina.