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Trento, focus sui giovani immigrati: “Ansia da assimilazione”

Al centro del convegno i percorsi di inserimento sociale e il vissuto psicologico di questi ragazzi

Trento – Identità, ascolto, dialogo, empatia. Sono alcune fra le parole chiave emerse dal convegno “Come equilibristi. Sfide e opportunità dei giovani di origine straniera in crescita fra le culture” che si è svolto venerdì 27 e sabato 28 settembre nell’Aula Magna del Seminario Maggiore Arcivescovile di Trento.
Al centro dei lavori i percorsi di inserimento sociale e il vissuto psicologico dei giovani di origine immigrata. Un tema affrontato con un approccio multidisciplinare che ha spaziato dal complesso quadro giuridico per l’ottenimento della cittadinanza formale – esposto da Anna Cattaruzzi, esperta di tutela del minore straniero e di ricongiungimenti familiari del Foro di Udine – sino al riconoscimento della cittadinanza sostanziale; dall’integrazione scolastica ai percorsi di vita dei giovani migranti nella nuova comunità di cui fanno parte, con gli annessi – e a volte drammatici – risvolti psicologici che caratterizzano le loro esperienze di vita.

Ne è uscito un ritratto dei ragazzi “nuovi italiani” presenti nel Paese che contraddice molti luoghi comuni, come quello – ad esempio – del ritardo scolastico, dovuto molto spesso ad un inserimento in classi non adeguate alla loro età o ad una collocazione in classi “problematiche”.

Per raggiungere il benessere dei ragazzi di origine immigrata – è stato detto – bisogna intervenire nei “macro settori” della vita, come ad esempio scuola, lavoro e famiglia. Gli attori-fautori di questo benessere sono – fra gli altri – i servizi sociali, sanitari e le istituzioni, che devono lavorare in rete con un approccio “reticolare” sotto un unico coordinamento, spesso demandato all’ente pubblico o al privato sociale. Fra i necessari strumenti, l’attività di ricerca per analizzare il bisogno dei giovani di origine straniera, la pianificazione integrata delle attività progettuali e l’attuazione di diverse tipologie di interventi nei citati “macro settori”. In questo quadro, la mediazione interculturale ricopre un ruolo di primo piano per la promozione del benessere dei giovani immigrati. Mediazione che può essere ad opera di professionisti ma anche, in taluni casi, degli stessi ragazzi, che possono così vivere da protagonisti la valorizzazione della loro diversità culturale come ricchezza, come “ponte fra culture”.
Superamento delle barriere, apertura e fiducia sono invece i concetti chiave emersi dai gruppi di lavoro. Sta in queste parole l’importanza e la “ricetta” del primo approccio alla diversità, perché in ogni luogo per i giovani di origine straniera – ma per la generalità dei migranti – la prima conquista, prima ancora di veder riconosciuta la propria ricchezza culturale, è essere riconosciuti come persone.

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