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Trento, Lavoratori SAIT e sindacalisti hanno incontrato i consiglieri provinciali (FOTO)

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La drammatica prospettiva di 130 licenziamenti al Sait (Consorzio delle Cooperative di Consumo Trentine) viene respinta categoricamente al mittente dalla rappresentanza politica trentina. L’ha detto anche a nome dell’assemblea legislativa il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, aprendo l’incontro martedì pomeriggio a Trento

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Trento – Allo stesso tavolo erano presenti i consiglieri provinciali, i sindacalisti e i lavoratori del Sait. Alla vigilia di un incontro molto importante tra azienda e sindacalisti, il presidente del Consiglio Bruno Dorigatti ha accolto la delegazione, staccatasi dal presidio attivato fin dalle ore 11 davanti al palazzo della Regione a Trento (in coincidenza con lo sciopero di 8 ore). Il presidente ha detto che la notizia degli esuberi è stata una doccia fredda che non ci si poteva attendere da un sistema, quello cooperativistico trentino, che è fondamentale per tutta la nostra comunità, sia sotto il profilo economico sia sotto quello valoriale.

Un sistema per sua stessa natura fondato sulle scelte condivise. “L’annuncio dei licenziamenti dev’essere allora ritirato – ha detto Dorigatti – e deve lasciare il posto allo studio di soluzioni che comprendano tutto il ventaglio degli ammortizzatori sociali e un serio piano di rilancio”. Concludendo poi la riunione, il presidente ha ricordato che quando Michelin chiuse, assicurò che nessuno sarebbe rimasto in strada. “Siamo in un territorio – ha detto – che poggia su concertazione e condivisione dei passaggi più rilevanti. La mia proposta è di spostare il tavolo, allargandolo anche al governo provinciale e permettendo così di aprire ragionamenti più larghi.

Lamberto Avanzo (Fisascat Cisl) si è rivolto ai numerosi consiglieri provinciali presenti, affermando che la comunità trentina deve farsi carico di questa situazione “gravissima”, anzitutto nei numeri: 140 esuberi significano che quasi un addetto su tre a Trento viene messo alla porta. E dietro il Sait c’è una realtà diffusa sul territorio, ci sono 1.800 lavoratori che sono legati ai servizi erogati da Sait. “La politica deve interessarsi a questa emergenza – ha detto Avanzo – così come lo fece quando il consorzio acquistò i terreni di via Innsbruck e fu imposta una clausola occupazionale in cambio dei diritti sull’area”.

Walter Largher (Uiltucs) ha chiesto alle forze consiliari di esprimersi in modo compatto, abbandonando gli steccati di parte.

Roland Caramelle (Filcams Cgil) ha puntato il dito su chi ha gestito il Sait negli ultimi anni e consente ora che vengano scaricati sugli operai tutti i pesi dei problemi gestionali e di mercato sopravvenuti. Caramelle ha fatto notare che il lavoro non manca, che i dipendenti sono anzi chiamati a fare straordinario. Le ragioni dei 140 esuberi non sono state adeguatamente spiegate, ma appare chiaro che il direttore di Sait – da poco arrivato da una realtà privata come Esselunga – fa semplicemente conti aritmetici. “Noi temiamo che la fine di Sait sia quella di licenziare oggi e di impiegare domani lavoratori sotto pagati e meno tutelati”. Purtroppo – ha aggiunto Caramelle – il sistema sta collassando e serve urgentemente un piano di riordino e rilancio, operazione da cui non può chiamarsi fuori la Federazione dei consorzi cooperativi.

Ha poi preso la parola il vicepresidente della Provincia, Alessandro Olivi evidenziando: “In questo frangente – ha ragionato – gli ammortizzatori sociali vanno utilizzati per il loro valore, che è quello di guadagnare tempo utile per la ricerca di soluzioni di prospettiva. Non si può partire dalla fine, buttando lì cifre di addetti in esubero, senza partire dall’esame delle politiche che si possono costruire per una rivitalizzazione del sistema. La distribuzione trentina è sotto attacco, c’è una fortissima concorrenza. Occorre studiare assieme soluzioni praticabili”.  A questo punto molti consiglieri provinciali hanno espresso il proprio punto di vista.

Filippo Degasperi (Movimento 5 Stelle) ha detto che gli scricchiolii si sentivano da anni, sul fronte cooperativo, ma non c’è stata evidentemente la capacità di prevenire la crisi. Da parte sua un appello chiaro a far valere i vincoli occupazionali imposti a Sait in occasione dell’operazione immobiliare per la nuova sede su via Innsbruck.

Rodolfo Borga (Civica Trentina) ha evidenziato che c’è stato a lungo un rapporto di tipo consociativo tra la politica trentina e la cooperazione, una stortura che ora si paga. Alla politica – ha detto rivolto agli ospiti – dovete chiedere qualcosa di diverso rispetto al passato, quando appunto l’ente pubblico ripianava sempre tutto. Serve dentro la cooperazione trentina un’operazione di verità e trasparenza. E di responsabilità. Perché attualmente è rimasto davvero poco di quel che don Guetti aveva immaginato dovesse essere il sistema cooperativistico.

Walter Viola (Progetto Trentino): riprendendo i temi già trattati in aula stamane nel question time, ha detto che la Federazione avrebbe dovuto controllare meglio i bilanci Sait, mentre situazioni come questa ultima – ma prima di essa i casi Lavis, Nomi, Fiavè – stanno a dimostrare che la cooperazione vive a volte più di passato che di presente. I sindacalisti hanno voluto sottolineare che il bilancio Sait in realtà è sano, ci sono 2 milioni di euro di utile e si parla paradossalmente di un possibile premio di produttività 2016 per i dipendenti.

A domanda di Viola, i sindacalisti hanno poi chiarito che la procedura di mobilità per i 140 addetti Sait ad oggi non è ancora stata avviata. Manuela Bottamedi (Misto) ha affermato che il “cancro” del Sait sta nella commistione tra le due anime della cooperazione, che è don Guetti e Caprotti a seconda delle situazioni. La consigliera ha chiesto a Sait di essere coerente, non potendo poggiare sull’aiuto della politica e poi però fare la tagliatrice di teste.

Claudio Civettini (Civica Trentina): “Pareva che lo Schelfi 4 fosse il problema centrale della cooperazione, tempo fa. Ora ecco questa crisi così pesante, a fronte della quale ho chiesto subito al presidente Dorigatti quest’incontro. Mi chiedo: il codice etico della cooperazione è ancora in vigore?”

Claudio Cia (Misto) ha suggerito che si percorra fino in fondo la richiesta del contratto di solidarietà, alternativo alla mobilità.

Giacomo Bezzi (Forza Italia): “Al Sait – ha detto – servono idee nuove, ad esempio per creare lavoro sul fronte turistico e dei servizi alla persona. Bisogna aprirsi a nuovi spazi di mercato, occorre evolvere. Ma per farlo serve scoperchiare il pentolone della cooperazione, mettere persone nuove ai vertici e non lasciare che li occupino le stesse che hanno prodotto la crisi. Purtroppo fin qui la politica trentina ha chiuso le porte, anche a controlli autonomi e terzi sul sistema cooperativo.

Maurizio Fugatti (Lega) ha garantito piena solidarietà. E ha chiesto quanto stia impattando sul Sait la scelta di molte Famiglie Cooperative di rifornirsi altrove.

Marino Simoni (Progetto Trentino): “Riprendo le parole del presidente Dorigatti – ha detto – e convengo che da qui deve uscire un solo messaggio corale. Stop ai licenziamenti, per ragionare sul sistema”.

Alessio Manica (Pd): si sono aperte crepe gigantesche nel sistema cooperativo, ci sono stati fallimenti di cui ora occorre assumersi tutte le responsabilità. Concordo sul fatto che s’impone e dobbiamo pretendere una riflessione strutturale su questa realtà centrale e irrinunciabile dell’economia provinciale.

Gianpiero Passamani (Upt): dico anch’io stop ai licenziamenti. Credo che una via d’uscita ci possa essere e penso che a Sait sia venuta a mancare in particolare quella necessaria fonte di fatturato e lavoro prevista inizialmente con il progetto di un centro commerciale in via Maccani, poi saltato.

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