La poliedrica artista nippo-americana, conosciuta soprattutto per essere stata la moglie e la musa ispiratrice di John Lennon, ha festeggiato lo scorso 18 febbraio il 90° compleanno. Nonostante che da alcuni anni si sia ritirata dalla vita pubblica per motivi di salute, sovraintende ed avvalla ancora le mostre che le hanno dedicato in questo ultimo triennio importanti istituzioni museali quali il Kunsthaus di Zurigo, la Vancouver Art Gallery dell’omonima citta canadese, le Serpentine Galleries di Londra e l’Hungarian National Museum di Budapest
di GianAngelo Pistoia
NordEst – «Quando si parla di un’artista come Yoko Ono si devono fare i conti con una serie di stereotipi. Buona parte della critica e una parte dei fans dei Beatles, l’hanno marchiata come la colpevole dello scioglimento dei “Fab Four”. Si vuole spesso vederla come una specie di strega che ha plagiato John Lennon e ha approfittato del suo matrimonio con lui per emergere. Ma spesso si dimentica che la Ono artista esisteva già da ben prima del suo incontro con Lennon, che i Beatles erano già in crisi da prima del suo arrivo e che lei è una donna che negli anni ha fatto tanta arte e quindi merita rispetto. Sopravvivendo a critiche e vicende personali pesanti, senza mai smettere di sperimentare. Per fortuna, decennio dopo decennio, la sua figura è stata rivalutata.
Ricordiamo la vita e la carriera dell’artista giapponese – scrive Valeria Salamone in un interessante articolo pubblicato nel febbraio del 2021 su “Metropolitan Magazine” e prosegue – Yoko Ono nasce il 18 febbraio 1933 a Tokyo, in un contesto privilegiato. La sua è una delle più ricche famiglie di banchieri giapponesi. Frequenta scuole e istituti prestigiosi e l’educazione sua e dei fratelli è impartita da bambinaie. Sopravvissuta ai bombardamenti in un bunker, la famiglia Ono, finita la guerra, si trasferisce negli Stati Uniti. Yoko si iscrive al prestigioso Sarah Lawrence College di New York. È in questi anni che i genitori disapprovano il suo stile di vita bohémienne, punendola perché frequenta persone considerate inferiori al suo rango. Yoko Ono adora circondarsi di artisti e poeti e visitare gallerie d’arte, sognando di poter esporre in futuro anche lei, i propri lavori. Altra sua grande passione è la musica. Intrecciando storie con dei musicisti, attraversa rocambolesche vicende personali e sentimentali.
Nel 1956 Yoko si sposa per la prima volta, con il compositore Toshi Ichiyanagi. I due divorziano nel 1962 e in questo stesso anno l’artista sposa il jazzista e produttore statunitense Anthony Cox. Anche questo matrimonio termina presto, già nel 1964. La custodia della figlia nata dall’unione, Kyoko Chan Cox, dopo il divorzio, è assegnata in forma permanente alla Ono. Tuttavia nel 1971 Kyoko Chan è rapita dal padre e scompare. La Ono ritroverà sua figlia solo nel 1998 – puntualizza Valeria Salamone e continua – la carriera artistica di Yoko Ono inizia all’interno del Fluxus, un’associazione di artisti d’avanguardia, che si sviluppa nei primi anni Sessanta. Lei è proprio una dei primi esponenti del movimento ed anche dell’arte concettuale e della performance.
Una delle sue performance più famose è “Cut Piece”, durante la quale, stando seduta su un palco, invita il pubblico a tagliare con delle forbici i vestiti che ha addosso, fino a restare nuda. Dirige anche alcuni film sperimentali. La sua arte all’epoca è spesso stroncata dai critici, soprattutto quando la sua vita e la sua arte si uniscono alla carismatica figura di John Lennon. Il lavoro dell’artista giapponese sarà rivalutato solo in seguito. É nota l’antipatia che la Ono ha suscitato quando, secondo le cronache, avrebbe decretato la fine dei Beatles, sposando Lennon e allontanandolo dal gruppo. Ma quando i due si sono incontrati la prima volta nel 1966, in una galleria londinese, in realtà la tensione all’interno dei “Fab Four” era già al limite, per precedenti discordanze artistiche.
La rottura coi Beatles in coincidenza con l’arrivo di Yoko, è semmai sintomo che Lennon desiderava già ampliare i propri orizzonti, dal punto di vista personale, artistico e musicale. É riduttivo parlare di un’artista come Yoko solamente come la musa, collega, moglie del geniale John Lennon ed è certamente scorretto e datato, individuarla come facile capro espiatorio per la fine dei Beatles. É giusto ricordare che Yoko, con e senza l’ingombrante e amatissimo partner, è sempre stata un’artista innovativa. Per altro, tuttora molto attiva in più ambiti.
Dopo diversi album registrati con Lennon a partire dal 1968, il primo lavoro da solista di Yoko Ono è “Yoko Ono Plastic Ono Band”, pubblicato nel 1970. La sua musica esplora il cosiddetto “primal scream”, le urla più primitive, vocalizzi ruvidi e crudi, forse influenzati anche dal teatro Nō giapponese. Probabilmente la canzone più famosa dell’album è “Why”, durante la quale lei urla la parola “why” (“perché?”) per 5 minuti – chiosa Valeria Salamone e conclude – L’artista esplora le varie sfumature del rock sperimentale e anche il punk.
Suona pianoforte e tastiera. Ha pubblicato 28 album di cui sette con John Lennon (Unfinished Music No. 1. Two Virgins – Unfinished Music No. 2. Life with the Lions – Wedding Album – Live Peace in Toronto 1969 – Some Time in New York City – Double Fantasy – Milk and Honey). Ma Yoko è anche una grande attivista politica, una figura entrata nella cultura di massa con le sue provocazioni e la sua sperimentazione continua. Ha sostenuto diverse cause femministe e campagne a favore delle persone LGBTQ+. Ha diffuso messaggi di pace: in questo senso, l’operazione più nota è la performance realizzata col marito John Lennon alla fine degli anni Sessanta, “Bed-In”, una protesta pacifica contro la guerra del Vietnam».
Ancora oggi, all’età di novant’anni – seppur costretta su una sedia a rotelle ed accudita soprattutto dal figlio Sean Lennon Ono – continua ad ideare e a creare eventi e installazioni. Tant’è che solo in questi ultimi due anni Yoko Ono ha avvallato alcune importanti retrospettive personali allestite da prestigiose istituzioni culturali, quali il Kunsthaus di Zurigo, la Vancouver Art Gallery dell’omonima citta canadese, le Serpentine Galleries di Londra e l’Hungarian National Museum di Budapest.
Così nel dicembre 2021 il media online “Newsic.it”, riprendendo un comunicato stampa del museo elvetico, promuoveva l’evento: «Yoko Ono è una delle artiste più influenti dei nostri tempi. Le sue performance e le sue azioni degli anni Sessanta e Settanta del Novecento sono da tempo considerate di culto; alcune di esse vengono ora rimesse in scena ed esibite al Kunsthaus Zürich. L’artista è coinvolta personalmente nell’ideazione della mostra. Yoko Ono si è occupata fin dagli inizi della sua carriera di importanti argomenti politico-sociali, che ancora oggi rivestono una grande rilevanza: è infatti impegnata da sempre per la pace nel mondo e per la causa femminista. Le idee hanno sempre avuto un ruolo centrale nella sua opera: a volte sono formulate in modo giocoso e umoristico, altre volte in modo radicale, altre ancora in maniera poetica; l’artista ne trasforma alcune in oggetti, mentre di altre preserva l’immaterialità. L’opera artistica di Yoko Ono rispecchia tale diversità con sculture, opere su carta, installazioni, performance, film e musica. Per allestire la mostra, la curatrice del Kunsthaus Mirjam Varadinis ha selezionato circa 60 opere insieme a Yoko Ono e a Jon Hendricks, suo curatore e amico di lunga data. Punto di partenza della maggior parte delle opere sono i cosiddetti “Event Scores” o “Instructions” molti dei quali sono stati pubblicati da Yoko Ono in una prima edizione del 1964 del celebre libricino quadrato “Grapefruit”.
Tale piccola grande opera dell’arte concettuale contiene istruzioni per semplici azioni, eseguibili da ciascuno, che trasformano in performance attività e forme di espressione quotidiane (come fare una passeggiata, accendere un fiammifero o ridere): quel che conta è infatti l’immaginazione, la fantasia. L’opera d’arte può nascere anche solo nella mente, senza dover essere necessariamente messa in scena. Yoko Ono è stata tra i primi a redigere questo tipo di “Event Scores”, contribuendo a stravolgere il concetto di arte e a forgiarne una definizione più ampia.
L’artista scelse il titolo “Grapefruit (pompelmo)” perché vedeva tale frutto come un ibrido, nato dalla combinazione di arancia e limone; anche lei stessa si percepiva come un ibrido – tra il Giappone e l’America, tra Oriente e Occidente, tra arti visive, musica e performance. La molteplicità della sua opera creativa rende Yoko Ono un’artista attuale: oggi infatti i confini fra le discipline artistiche sono sempre più permeabili. La concezione del pubblico come performer e la messa in scena dell’individuo nel quotidiano attraverso i social media hanno ormai assunto un’importanza fondamentale.
Riallacciandosi a tale attualità, la mostra al Kunsthaus Zürich presenta una selezione di opere rappresentative di tutte le fasi della sua produzione, con particolare attenzione agli esordi. Non si tratta di una classica retrospettiva, bensì di uno sguardo innovativo che partendo dalla prospettiva di oggi infonde nuova vita a un percorso artistico di oltre cinquant’anni.
È previsto il coinvolgimento dei visitatori su più livelli. Quella di Yoko Ono è la prima mostra dedicata all’artista da un grande museo svizzero e allo stesso tempo è la prima mostra personale di un’artista internazionale allestita nella sala medio-grande per esposizioni temporanee del nuovo edificio dell’archistar David Chipperfield, inaugurato lo scorso ottobre».
Dalla collaborazione fra le Serpentine Galleries di Londra – dapprima con “ClearChannel” e poi con la “piattaforma CIRCA”– sono scaturite invece due delle più singolari mostre multimediali di Yoko Ono del biennio 2021/2022 denominate “I Love You Earth” e “Imagine Peace”.
“I Love You Earth” fa parte del progetto pluriennale e a lungo termine “Back to Earth” delle Serpentine Galleries, che invita oltre sessanta artisti, architetti, poeti, registi, scienziati, pensatori e designer di spicco a rispondere alla crisi ambientale, con il supporto di organizzazioni e reti partner, in esecuzione nei programmi proposti dalle Serpentine Galleries in loco, fuori sede e online. Il contributo di Yoko Ono alla campagna “Back to Earth” ha portato la semplice dichiarazione d’amore per il nostro pianeta “I Love You Earth” sui cartelloni pubblicitari in una serie di siti nevralgici in tutto il Regno Unito, per due settimane nell’aprile del 2021, in coincidenza con la Giornata della Terra riconosciuta a livello internazionale e il graduale riemergere del pubblico dopo le ultime restrizioni pandemiche.
Originariamente concepita come una canzone del suo album “Starpeace” del 1985 e successivamente trasformata in un pezzo di testo autonomo e in un artwork pubblico, “I Love You Earth” agisce come una dolce provocazione, instaurando una relazione attiva tra Yoko Ono e lo spettatore. “I Love You Earth” è un richiamo a chi lo vede per chiedersi: amo la Terra? Come sto esprimendo questo amore? Potrei fare di più? I canali media di Serpentine Galleries, e soprattutto coloro che vedono i cartelloni pubblicitari, sono invitati a riflettere sul proprio senso di responsabilità nei confronti dell’ambiente circostante.
La pratica di Yoko Ono di utilizzare semplici affermazioni, domande o istruzioni come un modo per spostare le percezioni, spesso in ambiti reconditi, può essere fatta risalire alla fine degli anni Cinquanta e all’inizio degli anni Sessanta, quando passò, dal sollecitare il suo pubblico a interagire con opere fisiche, a presentare invece delle riflessioni su come interfacciarsi con loro medesimi. Il suo libro fondamentale “Grapefruit” (1964) comprende una raccolta di queste domande, molte delle quali attirano l’attenzione del lettore sulla terra, il cielo, il vento e altre forze sovranaturali. Le istruzioni che dà ampliano la pratica del fare arte, riconoscendo l’interazione tra controllo e possibilità implicita in qualsiasi atto di creazione.
“Imagine Peace”, l’iconica campagna mediatica ideata negli anni Sessanta da Yoko Ono e John Lennon a favore della pace, ha interagito lo scorso anno con il progetto culturale scaturito da un’idea di Josef O’Connor, artista britannico-irlandese i cui lavori multidisciplinari includono media interattivi e contenuti digitali. Fondatore e direttore artistico della piattaforma “CIRCA”, O’Connor ha invitato diversi artisti, Yoko Ono in primis, a utilizzare le celeberrime “Piccadilly Lights” – i megaschermi pubblicitari luminosi che caratterizzano l’antistante Piccadilly Circus a Londra – per promuovere video, film e soprattutto messaggi “politically correct” a valenza globale.
Yoko Ono in collaborazione con “CIRCA” e con le Serpentine Galleries di Londra ha divulgato la semplice, ma carica di significati, frase “Imagine Peace” dalla capitale britannica in tutto il mondo. Infatti per l’intero mese di marzo 2022 alle ore 20.22 (ora locale) i display pubblicitari luminosi di molte città in tutti i continenti hanno rilanciato a caratteri cubitali le parole “Imagine Peace”, dando nuova linfa a un messaggio pacifista indimenticabile, coniato da Yoko Ono e John Lennon nel lontano 1969 in occasione del “Bed-in” contro la guerra del Vietnam inscenato in una stanza dell’Hilton Hotel di Amsterdam. Messaggio universale e purtroppo attuale visti i numerosi conflitti armati che ancora oggi costellano il nostro pianeta. A proposito di questa inusuale ma creativa sinergia culturale instaurata con le Serpentine Galleries di Londra e con Yoko Ono così si è espresso Josef O’Connor: «siamo orgogliosi e onorati di aver commissionato a Serpentine questa presentazione globale di Yoko Ono, un’artista che ha costantemente lottato per la pace e ha ispirato tutti noi a immaginare un mondo migliore». Dal canto suo Yoko Ono ha ribadito: «“Imagine Peace” è qualcosa che tutti possiamo fare, anche quando abbiamo opinioni diverse su come arrivarci».
Yoko Ono ha le idee chiare su questo argomento. Tant’è che nel 2006 ha ideato e fatto costruire la “Image Peace Tower” sull’isola di Viðey nella baia di Kollafjörður vicino a Reykjavík, in Islanda. È la stessa artista nippo-americana con una riflessione poetica pubblicata sul sito web “www.imaginepeacetower.com” che spiega i motivi di questa scelta: «L’Islanda è un paese situato nella parte più settentrionale del nostro mondo. È un luogo ideale da cui coprire la Terra con l’illuminazione e l’amore. L’Islanda è un posto magico e bellissimo. La fonte primaria di energia elettrica per il paese nordico e quindi anche per l’“Image Peace Tower” è geotermica. Acqua anziché petrolio. Nessun inquinamento. Nessuna guerra. Questa è solo una delle incredibili situazioni che creano la magia dell’Islanda. In questo momento, la luce è ciò di cui il mondo ha disperatamente bisogno, poiché, in modi diversi, viviamo tutti nell’oscurità della paura e nella confusione del mondo inquinato. Questa colonna di luce che in alcuni periodi dell’anno si irradia dalla “Image Peace Tower” non si spegnerà mai. È la fiamma eterna che inviamo al mondo e all’universo per dare luce e calore, è la speranza e la convinzione che i nostri sogni possano diventare realtà. Auspico che “Image Peace Tower” dia luce ai forti desideri di pace provenienti da tutti gli angoli del pianeta e dia incoraggiamento, ispirazione e un senso di solidarietà in un mondo ora pieno di paura e confusione. Uniamoci per realizzare un mondo pacifico. Dedico questa torre a John Lennon. Il mio amore per te è per sempre».
“Image Peace Tower” nelle intenzioni di Yoko Ono è dunque una torre di luce splendente, che rappresenta saggezza e amore e funge da faro per tutti coloro che desiderano contribuire alla pace nel mondo. Questa avveniristico monumento inaugurato il 9 ottobre 2007 – si apprende da Wikipedia – consta di un pozzo largo dieci metri al cui interno sono presenti quindici proiettori dotati di prismi che riflettono una colonna di luce verso il cielo. Il fascio luminoso arriva e può spingersi oltre le nuvole. In una notte limpida pare raggiungere un’altitudine di almeno 4.000 metri. Le luci consumano circa 75 kW e l’energia è fornita dalle fonti geotermiche islandesi. Sulle pareti ricurve del pozzo di pietra bianca sono incise le parole “Imagine Peace” in ventiquattro lingue a suggellare il connubio inscindibile fra questa installazione, la campagna mediatica per la pace ideata nel 1969 da Yoko Ono e John Lennon e che seppur con modalità diverse prosegue ancora ed anche la canzone evergreen “Imagine”.
Il basamento della “Image Peace Tower” custodisce circa due milioni di “desideri”, bigliettini augurali raccolti da Yoko Ono per un altro suo progetto denominato “Wish Trees” ed iniziato nel 1996. “Gli alberi dei desideri” sono delle installazioni artistiche concepite da Yoko Ono che riportano in auge un’antica tradizione nipponica, quella di esprimere un desiderio, di scriverlo su un bigliettino e di appenderlo poi al ramo di un albero.
Di solito, coadiuvati da Yoko Ono, istituzioni culturali quali gallerie d’arte e musei piantano dei piccoli alberi ed invitano i visitatori a ricoprirli di “desideri”. Nell’ambito di questo progetto culturale sono stati finora messi a dimora in tutto il mondo oltre duecento piante, per lo più olivi, eucalipti e mirti crespi ed i “frutti virtuali” sono stati appunto raccolti e conservati, nel rispetto della privacy, nelle fondamenta della “Image Peace Tower” in Islanda.
Memore dell’amore di Yoko Ono per la natura e dell’impegno da lei profuso in tutta la sua vita per le cause umanitarie e sociali, in occasione del suo novantesimo compleanno il figlio Sean le ha regalato un albero dei desideri “virtuale” – postato sulla pagina web di seguito – ed ha sollecitato i fan della madre ad esprimere i loro desideri virtuali auspicando che i medesimi riguardino soprattutto tematiche connesse ai cambiamenti climatici e alla pace nel Mondo.